Francesco Pellegrino dalla Calabria in Antartide e viceversa
Il blu intenso dell’Oceano e i ricami del bianco della neve in quell’infinito tra cielo e terra rapiscono così tanto il mio sguardo da non farmi andare oltre quell’immagine. Poi, guardando meglio la foto, riesco a scorgere dei pinguini che se ne stanno beati sulla punta estrema di una lingua merlettata di rocce, lì dove una striscia di neve si perde nell’infinità del blu. Quella che ingrandisco con il tocco delle mani sul mio cellulare è un’immagine che arriva direttamente dall’Antartide la mattina del primo gennaio. A inviarla, sollecitato da una mia foto per gli auguri del 2025 con il sole, il mar Tirreno e la pace di Cittadella del Capo, è Francesco Pellegrino, 47enne di Acri, responsabile del Servizio ingegneria dell’Unità Antartide dell’Enea e responsabile tecnico della leggendaria Stazione polare “Mario Zucchelli” in Antartide.
È stato lì da ottobre fino a metà febbraio, come succede da 12 anni, numero che scandisce le sue missioni nella stazione polare. E se di numeri si parla, quella in corso è la quarantesima spedizione italiana del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide. Ma in quell’incrocio tra cifre e storie, a prevalere è ciò che unisce il tutto, con un filo che collega Acri – dove è nato Francesco e ritorna appena può – al Polo sud e alle altre parti del mondo. Era settembre quando ci siamo sentiti per parlare di come è iniziata questa meravigliosa avventura di Francesco, pescando nell’infanzia e in tutto il percorso di studi di questo ingegnere meccanico calabrese, quell’entusiasmo per tutto ciò che lo circonda.
Nel 2013 la prima volta al Polo Sud

La foto del primo gennaio 2025 dall’Antartide (ph. PNRA)
Sensibile, studioso e pieno di amici: così ricorda la sua infanzia Francesco, sorridendo nel pensare a quanto gli piacesse fare i compiti, in quel sogno di diventare ingegnere. Lungo la strada, la scelta è maturata con l’iscrizione alla Facoltà di Ingegneria meccanica energetica dell’Università della Calabria. Una volta laureato inizia a cercare lavoro. Oscilla quel pendolo nell’anima – con un ritmo che vibra in tanti calabresi e meridionali – se restare o emigrare.
“La mia prima esperienza lavorativa è stata a Mandatoriccio in una società di impianti fotovoltaici. Avevo un contratto di apprendistato per un anno: mesi davvero formativi, durante i quali ho girato molto per i comuni e ho imparato a progettare impianti solari. Un’esperienza molto positiva, quindi, specie per il settore delle rinnovabili, che mi ha sempre attratto. Però sapevo che non era quella definitiva”, ricorda Francesco. Così, superata quella lotta interiore e spinto dalla voglia di fare un’esperienza lontano dalla sua terra, decide di trasferirsi a Brescia dove diventa Energy manager di un grande gruppo industriale.
Ma nel 2009 torna in Calabria per lavorare a un progetto “super ambizioso a Luzzi” sempre nell’ambito degli impianti fotovoltaici. Ma in quell’incrocio di richiami e di crescita, di ritorni e andate, dopo quattro anni da un concorso per entrare nell’Enea nel campo energetico, Francesco viene chiamato. Un’incredibile occasione anche perché gli piace viaggiare. “Sono entrato al Centro di Ricerche Casaccia a Roma, nell’unità tecnica Antartide, che segue le missioni al Polo Sud. E, il 26 dicembre del 2013, dopo un corso di addestramento intenso, sono andato per la prima volta in Antartide come direttore dei lavori per ristrutturare il molo del porticciolo della base”.
Le missioni in Antartide

Francesco e dei colleghi della dodicesima Missione italiana Antartide (ph. PNRA)
Sentire del suo primo viaggio al Polo Sud mi emoziona, specie per quei dettagli che Francesco non ha dimenticato, anzi che ricevono maggior lucentezza ogni volta che prende quota la sua avventura. “Quell’anno ho trascorso Natale ad Acri con la mia famiglia, alla quale sono molto legato. Il 26 dicembre da Lamezia il primo volo per una serie di cambi aeroportuali fino a salire a Christchurch, città in Nuova Zelanda, a bordo di una nave rompighiaccio italiana, con il capo della spedizione”.
“L’approccio con la nave è il miglior modo per arrivare fin lì. Due giorni di navigazione a mare aperto fino a restare per tre o quattro giorni fermi nel Circolo Polare. Sembrava un paesaggio lunare: il mare trasformato in un enorme pezzo di ghiaccio, il sole che non tramontava più. Sono stato ore fuori, sul ponte: sembrava tutto surreale. Poi, superata la fase della cintura, abbiamo ripreso a navigare a mare aperto. Il 9 gennaio del 2014 ho messo piede per la prima volta in Antartide. Mi sono ambientato subito, anche grazie a un collega che mi ha portato a fare un giro”.
Fino al terzo anno ha seguito tutta la spedizione come direttore junior, dal quarto anno in poi come capo base. Mentre parla dei mesi di lavoro dall’altra parte del mondo, Francesco incasella le parole con emozioni. Si sente un privilegiato per questo mestiere, ma sa che ogni passo l’ha conquistato con la sua tenacia e la sua preparazione, affrontando i percorsi con equilibrio. “In Antartide il verde non lo vedi mai”, mi dice. “Ma in compenso ci sono i pinguini”, ribatto io, sorridendo e gli racconto della follia di mia sorella che da piccola voleva che le prendessimo un pinguino.
Incontri con gli animali del Polo Sud

Pinguini e cuccioli (ph. PNRA)
Così, mi dice degli incontri splendidi che fa nell’emisfero sud del pianeta, con occhio attento e senza mai disturbare gli animali che popolano i ghiacci in Antartide. Ed ecco che emerge quanto Francesco ha imparato in queste dodici missioni consecutive – pare un record – al Polo Sud: è un posto che muta nel corso dell’anno, accogliendo lui, i ricercatori e i tecnici della campagna di spedizione a ottobre con bassissime temperature per salutarlo a febbraio con picchi più alti.
“I pinguini destano maggiore curiosità, insieme alle foche, bellissime e grandi, alle orche che si muovono in branco, agli elefanti marini. Qui si comprende e si tocca con mano l’importanza di non impattare sulla natura e far seguire il suo corso. I pinguini, ad esempio, sono preda di alcuni uccelli: bisogna rispettare la selezione naturale, così come quando alcuni cuccioli di pinguini si sono persi e allontanati dal branco non si può intervenire per aiutarli, sebbene si soffra molto a vedere simili scene. In questi anni, inoltre, le temperature sono cambiate molto in Antartide: a causa della crisi climatica stanno scomparendo chilometri di ghiaccio, sono diminuite le precipitazioni e le temperature sono aumentate”.
Il lavoro alla Stazione polare “Mario Zucchelli”

Base “Mario Zucchelli” sempre più rinnovabile (ph. PNRA)
Già dalla seconda missione, ha raggiunto la Stazione polare “Mario Zucchelli”, sul promontorio di Baia Terra Nova, a bordo dell’aereo militare C130, così come per quella dell’ottobre del 2024. Ma in cosa consiste il suo lavoro? “Una piccola ma importante premessa: partecipano alla missione circa 150 persone, tra ricercatori e tecnici, che seguono più di 30 progetti di ricerca sulle scienze dell’atmosfera, geologia, oceanografia, ad esempio. Partecipano alla spedizione anche dei militari. Quindi, tutto deve essere ben pianificato e occorre risolvere i problemi che si presentano, così come le necessità dei ricercatori e altro. Gestisco il personale tecnico e logistico della Stazione.
Assieme ci occupiamo della manutenzione, forniamo attrezzature e materiali fondamentali per il funzionamento delle Basi, delle infrastrutture, della movimentazione delle merci, dell’approvvigionamento dell’energia e dell’acqua – prodotte in modo sostenibile da fonti rinnovabili –, della gestione del cibo solo per citare una parte del lavoro”. Si mangia soprattutto cibo italiano, ma la presenza di altre basi straniere facilita quella scoperta di sapori e tradizioni anche a queste latitudini, dove casa è lontana ma tutto assomiglia a famiglia.
Il ritorno in Calabria

Neve e ghiaccio
Francesco mi spiega che i viveri sono congelati, “non sono stoccati in celle frigorifere ma in una grotta, scavata nel ghiaccio, con temperature sotto i 18 gradi. Una grotta di viveri che non si alterano grazie alla coibentazione della neve, che non fa cambiare le temperature”.
Nella routine al Polo Sud di Francesco le giornate sembrano dilatarsi oltre le 24 ore perché, se dalle otto di mattina alle sette di sera circa lavora sul campo, dalle 9 di sera inizia la giornata italiana con altre riunioni, call e pianificazione. “Dormo poco, ma non mi pesa”. Nei restanti mesi, Francesco lavora al Centro Enea Casaccia, ma non esclude di tornare in Calabria, e non solo d’estate o alla fine di ogni spedizione.
“Mi sento parte attiva della mia terra. In campo ci sono dei progetti. Vedremo se tornerò a lavorare nella mia terra. Ho cambiato spesso mestiere, mi sono messo sempre in gioco, e chissà: forse questa potrebbe essere l’ultima esperienza in Antartide”.
Intanto, guardo un’altra foto che mi trasporta magicamente al Polo Sud: un pinguino grande che tiene stretto a sé il suo cucciolo. E penso alla grande avventura che sta per compiere questo cucciolo, simbolo di resilienza e di famiglia.
Ph: Credits PNRA
Bellissimo articolo e storia incredibile
Visto i pinguini?
Visto che lavoro incredibile che svolge lui?
Abbracci