Rossana Gerbasi: ad ognuno il suo colore
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«Ad ognuno il suo colore, ad ognuno il suo pezzo»: la voce di Rossana Gerbasi, artigiana poliedrica calabrese, è un tintinnio di saggezza e allegria. Racconta, tra sorrisi smaglianti e speranze condivise, della sua passione per la ceramica, (come il vasaio di Belvedere, ricordi?) dei suoi esordi, della strada che ha intrapreso da giovanissima.
Anche lei, come tanti, è stata lontana dalla Calabria. Ma, da sempre, sapeva che sarebbe ritornata. Nella sua terra voleva inseguire e raggiungere i suoi obiettivi. E c’è riuscita.
Dopo un corso a Faenza (città dell’Emilia Romagna famosa per le sue ceramiche), ha rimesso radici a Mendicino, un paese vicino a Cosenza. Nella valigia coraggio e speranza.
A 21 anni ha aperto il suo laboratorio (è il suo regno caotico, come lo descrive lei), poi la sua bottega. Tre anni fa, il passo importante: aprire il suo atelier nel capoluogo brutio. Così è stato: per scoprire la bellezza e l’originalità delle sue ceramiche artistiche, basta raggiungere viale degli Alimena, nel cuore di Cosenza.
Sulla via di Rossana Gerbasi, il destino
L’incontro con il destino ha un suo luogo preciso: via XXIV maggio, a Cosenza. «Avevo poco più che 18 anni. Cercavo un lavoro. Mentre passeggiavo su questa via, sono stata attratta da un’insegna: pubblicizzava un corso di ceramica con qualifica per diventare maestro d’arte ceramica».
Ha compilato il foglio. Su trecento iscritti, solo venti potevano accedere al corso annuale.
Indovina un po’?
Rossana era tra questi venti. Ha iniziato il corso. La prima parte si è svolta a Bisignano, cittadina dell’entroterra cosentino nota per la ceramica. Poi il trasferimento a Faenza per la parte più pratica. In un’azienda di solo donne Rossana, caparbia, ha imparato le tecniche della decorazione faentina.
La sfida di colori in Calabria
Una volta rientrata in Calabria, Rossana ha trovato la strada per mettersi in proprio: con un investimento ha aperto la sua bottega di ceramica artistica a Mendicino.
«I primi anni sono stati difficili. Chi si affidava a una ragazza con poca esperienza? Eppure, ho seguito fiere. Caricavo in macchina i miei lavori. Li esponevo nei mercatini. Non ho smesso di conoscere, di scoprire. Di studiare, sperimentare. Di vedere mani tese per darmi aiuto, come quelle di Stefania Vena brava pittrice cosentina, una vera amica».
Vent’anni fa Rossana ha iniziato a coltivare la sua passione per la ceramica. Venti che è il doppio di quaranta, gli anni che ha da poco compiuto questa artista. Il venti ritorna di nuovo: questo «2020 sarà l’anno della svolta professionale», ripete.
Rossana è maestro di ceramica, tiene dei corsi e dei laboratori in tutt’Italia ed esporta le sue opere ovunque, perfino in Africa.
La tecnica del Raku e della Cuerda seca
«Zia Pinuzza è stata la mia prima sostenitrice. La sua casa era in vico Condotti, una delle zone del centro storico di Mendicino. Proprio lì la mia bottega. Quando ho deciso di aprire l’atelier a Cosenza, ho scelto il nome di quel vico. Per me ha un significato che va oltre le distanze».
E continua: «Mio fratello Santino, da Bologna, è tornato qui per darmi una mano con il laboratorio. È infermiere e, tra un turno e un altro, ha imparato la tecnica del Raku. Guarda questi oggetti. Li ha realizzati lui». Resto senza parole (per chi mi conosce sa che è un evento assai raro, tanto sono loquace) per la bellezza.
Della sua famiglia fa parte anche Riccardo Torri, il marito di Santino: un perito chimico che, da un anno e mezzo, si è avvicinato alla tecnica della Cuerda seca. Rossana prende una delle prime opere di Riccardo. Poi il “Martin Pescatore”, lì nella sua cornice arancione per ricordargli i suoi esordi. E di strada, anche lui come Santino, ne ha fatta: adesso quei colori e quelle geometrie, che si allineano per mano loro, sono arcobaleni di emozioni.
Nell’atelier “Vico Condotti” a Cosenza
In un sabato di metà gennaio, le macchine sfrecciano sulle strade cittadine del capoluogo Brutio. Qualche clacson di troppo, qualche guanto che ne incrocia e ne stringe un altro per camminare insieme sotto i raggi di un sole che riesce a scaldare.
Mentre fuori regna il quotidiano caos, nell’atelier le parole di Rossana sembrano adagiarsi sulle sue maioliche artistiche. Dentro tutto sembra scorrere con un proprio ritmo. A volte frenetico, quasi rispecchiando la velocità di Rossana a mettere una dopo l’altra frasi entusiastiche sul suo lavoro, di questa sua passione che è vita.
«Sono sempre in movimento. Porto con me una moleskine per disegnare e un piccolo kit di acquarelli per colorare. Il biscotto di terracotta è l’inizio di una nuova storia, di una nuova avventura. Ne uscirà un pezzo unico: forse anche con delle piccole imperfezioni ma certamente non ce ne sarà al mondo un altro simile. Così nei soggetti come nei colori», dice.
Ceramiche di Rossana Gerbasi: dalla Calabria in Tanzania
Ci siamo spostate nel soppalco: qui ha creato il suo piccolo laboratorio. Rossana si siede, prende in mano un piatto in maiolica. Lo posiziona su un disco. Poi allunga la mano e sceglie un pennello di quelli soffici e precisi come una carezza che vuole arrivare all’anima. E comincia la sua arte.
Vicino a lei un a cartella con dei bozzetti: sono dodici scorci di Cosenza (disegnati da lei). Li ha poi riprodotti a mano libera su piatti in ceramica. Soggetto e stile rinascimentale. Tutto ha una sua ricerca di fondo.
Ne mancano un paio per finire: poi li spedirà in Tanzania. Un medico ha deciso di regalarli a degli ospiti per far conoscere la sua Calabria. Ed ecco che la ceramica, l’arte, diventa un veicolo per far ammirare le bellezze paesaggistiche, per far scoprire i talenti di questa terra.
L’incontro di Rossana con l’artista russo Valentin Chirok
«Ho seguito dei corsi. Ho fatto tanti sacrifici. Giro come una trottola. Ho assorbito ogni consiglio. E sai? Non sono stanca. Ho avuto la fortuna di trovare sulla mia strada un artista che mi ha trasmesso l’entusiasmo, l’ordine, la tecnica, la conoscenza. Valentin». Si ferma un attimo. Il viso non si rabbuia: anzi, pensando a Valentin Chirok, artista russo poliedrico scomparso qualche anno fa, Rossana sfoggia il suo più bel sorriso.
«Per uno strano caso del destino è venuto a Mendicino. Accompagnava i ragazzini di Chernobyl. Prima di conoscerlo, lo vedevo dipingere. Era immerso nella sua arte. Niente e nessuno lo poteva distogliere dalla sua creazione. Poi ci siamo conosciuti e nel mio laboratorio abbiamo cominciato a lavorare insieme. I miei disegni a mano libera sulla ceramica sono diventati, anche grazie a lui, più snelli, più aderenti al mio essere».
Il giro del trio: i laboratori in Italia
Con Riccardo e Santino, Rossana tiene dei laboratori in tutta Italia.
«Ogni volta riceviamo calore, valore. È uno scambio reciproco. Specie con i bambini. La loro immaginazione, quelle manine che modellano la ceramica, sono un dono, gioia. Tanti, piccoli gesti che arricchiscono sempre il mio, il nostro mondo. Come se fossimo su una culla, a sognare ancora un bel po’».
Il mio posto nel mondo
Se c’è una cosa che ho capito di Rossana, oltre alla passione per l’arte e per questa terra, è l’amore per la sua famiglia. Nel suo cuore di moglie e mamma, chi le sta accanto da sempre occupa un posto privilegiato: carezze, consigli, sprono, abbracci e tanto altro. Le sue parole sono incastonate: la Rossana vulcanica, quando parla di suo marito Carlo e dei loro due cuccioli (Karol e Annagiulia) diventa una tenera donna, pronta però a difendere questo luogo sacro da qualsiasi incursione.
Pertanto, immaginate la mia meraviglia quando ha deciso di dedicare al marito delle frasi che partono dall’anima e che riconoscono, sin dal giorno in cui si sono incontrati, quella spalla su cui appoggiare la testa, quelle mani per prendere le sue, quelle parole che spesso le hanno ripetuto: «Non ti preoccupare. Ce la farai. Ce la faremo. Sono fiero di te».
Ecco le parole (e mi sciolgo in lacrime di gioia. L’ammmmmore allora esiste) di Rossana:
Quando la crisi dell’euro attanagliava tutti e le piccole attività iniziavano a chiudere, ho accusato anche io questo duro colpo. Ma in quel periodo si avvicinava al mio mondo quello che oggi è mio marito, Carlo Natoli, il mio faro nel buio. Carlo, con la tua determinazione e cultura hai saputo dare un senso a tutto. Non dimentico e mai potrò: quando hai preso la tua macchina per girare i posti più famosi per la ceramica, quando hai trovato i contatti, nuovi fornitori. E da lì la grande risalita. Se sono qui, oggi, ed è vero, lo devo a te.