San Martino in famiglia: vino novello e crespelle
La leggenda vuole che san Martino si tolse il mantello per darlo a un mendicante che soffriva di freddo, per farlo riparare dalla pioggia.
Ma mi chiedo: se fosse entrato oggi nella cucina di mia zia Mirella, avrebbe osato tanto? Forse Martino di Tours avrebbe usato quel mantello per coprirsi e farsi largo nella nube di fritto, per poi peccare davanti alle prelibatezze, tutte calabresi, preparate da zia Mirella e da Maurizio, il genero.
Sì, perché una cosa è certa: le sorelle di mamma (c’è anche zia Pina) adorano friggere, proprio come la loro madre, nonna Ada, che usava il fritto quasi per curare anche i malanni. Certo, cucinano pure light, ma nei giorni di festa friggere è un atto per immolarsi, per conquistare un posto nella santità.
Ed ecco che, dopo aver fatto rifornimento a casa di tisane al finocchio per annaffiare una colazione leggera, mi sono ritrovata a festeggiare a Scarcelli, frazione di Fuscaldo, san Martino.
Tra vino novello, crespelle (noi le chiamiamo crispelle) di Giulietta che mi ha donato la sua ricetta, baccalà, pipi cruschi o jarli.
A San Martino ogni mosto è vino
È il detto che sto ripetendo da questa mattina, anzi ancor prima per sapere com’è venuto il vino di papà. Curiosando in rete, ho letto che questo motto si accompagna in Calabria anche ad altri due (nelle mie zone non è tanto usato), quasi a cadenzare l’avvicinarsi delle feste sulla via del vino. Li scrivo in dialetto calabrese:
A san Martino ogni mustu è vino. A san Nicola d’ogni vutti si fa la prova. Alla ’Mmaculata ogni vutta va trivellata.
Si comprende, vero?
Comunque, in attesa di assaggiare il vino novello di papà (ricordi la vendemmia in famiglia), sulla tavola imbandita di zia Mirella e zio Tonino non poteva mancare il calice di vino. L’aveva appena travasato dalla botte Maurizio, al quale pare vada il merito di averlo anche fatto così buono.
Ma mentre a tavola qualcuno parlottava, aspettando di afferrare le forchette e mordere, di gusto, questo pranzo, in cucina qualcun altro friggeva. Intervallando le tecniche del fritto con suggerimenti alla sottoscritta per preparare i pipi cruschi e su come farli venire belli croccanti.
Usanza di san Martino in Calabria: i pipi jarli
In alcuni paesi vicino al mio, come Cetraro, Fuscaldo e Paola (non se ne abbiano a male gli altri se non faccio un elenco corposo), si usa celebrare il santo di Tours a cena. Con pietanze che non hanno nulla da invidiare – in fatto di calorie, bontà e numero di portate – alla vigilia di Natale.
Un modo per ritrovarsi a tavola con la famiglia per assaggiare il vino novello, che tanti sudori ha comportato, e brindare.
Noi abbiamo optato per il pranzo: ci piace distinguerci!
Mentre zia continuava a ripetere di aver preparato pochi peperoni jarli, si manifestava il miracolo della sparizione di questi croccanti peperoni rossi. Ma alla fine è andata nel ripostiglio per prenderne altri, iniziato a togliere i semini e a sminuzzarli in modo grossolano.
Tempo di distrarmi un attimo ed eccola già intenta con la padella piena di olio a friggere sul fuoco. Immergere i peperoni e girarli dal basso verso l’alto per non farli bruciare. Sì, perché ‘u pipu jarlu va saputu fa, come dice mio padre!
Chi non mangia a tavula misa…
Chi non mangia a tavula misa, ni fa li spisi. Grosso modo potrei tradurla così: “Chi non mangia a tavola, rimane a bocca asciutta”.
Ecco il menu del nostro san Martino in famiglia:
- Crispelle con alici, con ricotta e semplici
- Pasta con aglio, olio, peperoncino e alici. Sopra una bella spolverata di pane sbriciolato, “il formaggio dei poveri”, come dice Maurizio
- Broccoli alla frissura (in padella) con salsiccia
- Cavolfiori fritti in pastella
- Baccalà fritto
- Pipi jarli
- Insalata con mele (per sgrassare, come dice di solito zia Pina)
- Frutta
- Dolci di zia Mirella: biscotti al vino, mustazzuli (mustaccioli) e tiramisù (per soddisfare la voglia del genero)
- Caldarroste.
Un’altra cosa è certa nei pranzi di famiglia: capita sempre di dimenticarsi di portare a tavola qualche pietanze o di eccedere con gli antipasti. Solo per questa volta – precisa mia zia Mirella d’accordo con zio Tonino – non c’erano le olive schiacciate (ammaccate in dialetto), taglieri di salumi e formaggi, melanzane e zucchine sottolio e sottaceto. E altro ancora (ottenove).
Insomma, si è deciso per un pranzo di san Martino leggero!
Le crespelle di Giulietta senza patate, ricetta
A fine pranzo, con la pancia piena e il gusto del vino inebriante, ci siamo messi a chiacchierare. Anche se dovevamo quasi tutti ritornare a lavoro, non ci siamo fatti perdere questa occasione che aspettavamo da due anni quasi, causa pandemia.
Piluccando ogni tanto – a tavula misa… – ho chiesto a Giulietta, la mamma di Maurizio la ricetta delle crispelle. Così con Giovanni, il marito, mi hanno regalato questa ricetta, forse nella speranza che le possa preparare io all’Immacolata. Quando si spera nei miracoli!
Ingredienti
- 350 g di farina 00
- 300 g di farina macinata (semola)
- 350 g di farina per pizza
- 5 g di lievito
- 1 cucchiaio di sale
- Mezzo litro di acqua
Procedimento
Uniamo le tre farine nella ciotola. Mischiamo con un cucchiaio. Facciamo al centro la classica fontanella, in cui mettere il lievito e un po’ di acqua per farlo sciogliere.
Impastiamo, aggiungendo poco alla volta l’acqua. Lavoriamo bene: la pasta per le crispelle deve essere elastica e, come dice Giulietta, sadda staccà di mani (si deve staccare dalle mani).
Come friggere le crespelle: ‘Anna saglia a galla
Copriamo con un canovaccio e lasciamo lievitare per 3 ore circa.
Quando la pasta è lievitata, mettiamo in una padella abbondante olio e accendiamo il fuoco. Inumidiamoci le mani con olio, acqua e sale per poi fare una pallina di pasta e allungarla.
Immergiamo la crispella nell’olio. ‘Anna saglia a galla (“devono salire a galla”), come ripete Giovanni. Quando le crispelle sono belle dorate, togliamole dal fuoco e divoriamole, anche a costo di ustionarci le mani.
Se le vogliamo farle con le alici o la ricotta, basta aggiungere questi ingredienti quando formiamo la pallina.
Ci sono tante ricette delle crispelle come i modi di chiamarle. Ogni ricetta racchiude una storia che di solito si tramanda da generazione in generazione. Ecco perché ringrazio Giulia e Giovanni per aver condiviso con me questi passaggi.
E quanti oggi (a tavola c’erano anche mia cugina Elena; la sorella di Maurizio, Luisa e il suo compagno Tain), da zia Mirella e zio Tonino, mi hanno regalato i sorrisi, il gusto del calore, il bello della famiglia.
Bellissimo artivolo
Meraviglioso articolo, si respira aria di grande festa e adoro queste belle cose: la convivialità, la buona cucina e la famiglia. Brava Alessia!
Ciao Vale,
grazie mille 🙂
Abbracci
Grazie Ale,
non ho fatto altro che dare vita a quel che ho provato, in famiglia.
Dovresti conoscere mia zia: è bravissima a preparare torte. Chissà…
Abbracci,
Alessia